Al principio ci sono sempre domande ritenute fondamentali, almeno per tutti quelli che, come noi, sono cresciuti all’ombra del pensiero greco[1]. Accade alle persone comuni, che fanno a pugni ogni giorno con il desiderio di conquistare un futuro migliore per sé stessi e per i propri figli. Accade ai filosofi, che si ritrovano, millennio dopo millennio, ad interrogarsi su «ciò che vi è», su «ciò che vale», su «chi noi siamo». E accade anche ai sociologi dell’organizzazione, alle prese con la necessità di comprendere «come funzionano le organizzazioni» e «come potrebbero funzionare meglio».
Già. «Come funzionano le organizzazioni?». «Come potrebbero funzionare meglio?». Siamo partiti da queste domande, e dall’idea che per apprendere bisogna innanzitutto capire, poi studiare, infine applicare a contesti reali (famiglia, amici, lavoro, svago, studio, affetti, ecc.) ciò che si è capito e studiato, per pensare e sperimentare la metodologia in grado da un lato di valorizzare al meglio le potenzialità e le capacità di ciascun componente della classe e dall’altro e conseguentemente di fare di quest’ultima una organizzazione che mette in comune, scambia e utilizza idee, contenuti e informazioni per apprendere, costruire significati, creare conoscenza.
Si tratta evidentemente di un approccio fortemente cercato e che per questo ha caratterizzato l’insieme delle attività realizzate con gli studenti, quelle in aula così come quelle a distanza. Un approccio che è andato acquistando tanto più senso e significato, nell’accezione che, in ambito organizzativo, Karl Weick ha dato ai due venerabili termini, quanto più si è riusciti a tenere assieme ciò che è proprio di una storia nobile e non certo finita, come ad esempio il rapporto tra docente e studente, la lezione in aula, il libro di testo, e ciò che invece è sperimentazione e innovazione, come ad esempio gli studenti – autori – produttori di contenuti – portatori di saperi, la valorizzazione della conoscenza non solo esplicita ma anche tacita dei partecipanti al processo di apprendimento, i processi di comunicazione orizzontali, l’utilizzo delle nuove tecnologie non come conduttore ma come componente del sapere, la verifica sul campo di metodologia, didattica, contenuti.
Detto che in cantieri di questo tipo i lavori sono per definizione perennemente in corso, si può aggiungere che l’approccio di tipo connettivo ha contribuito a rendere possibile, e visibile, nel corso degli anni, un processo di miglioramento continuo dell’«organizzazione» classe e del corso, e che questo stesso dizionario ha tratto da tutto ciò un effettivo, costante beneficio. Il suo uso da parte degli studenti, rendendone più evidenti i limiti e le potenzialità, ha permesso non solo di migliorarlo ma anche, grazie alla fortunata coincidenza delle tre edizioni realizzate in tre anni, di «restituire» anno dopo anno agli studenti più giovani almeno una parte dei miglioramenti che anche grazie ai loro colleghi più anziani è stato possibile determinare.
Le sperimentazioni che siamo andati realizzando in questi anni, e la stessa fantastica opportunità della traduzione in inglese rappresentano naturalmente delle ulteriori straordinarie occasioni per rimettere mano al dizionario e renderlo ancora di più rispondente, per quanto è dato alle nostre possibilità e capacità, allo scopo per il quale è nato: offrire a chi legge, e a chi studia, riferimenti e mappe cognitive atte a scoprire, apprendere, assimilare, approfondire le connessioni e le priorità che tengono assieme autori e concetti che popolano la storia del pensiero organizzativo.
Sun Tzu ha scritto che «una volta colte, le opportunità si moltiplicano[3]». E Winston Wolf (Harvey Keitel), in Pulp Fiction, il film cult di Quentin Tarantino, si presenta a Vincent Vega (John Travolta), Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) e Jimmie Dimmick (Quentin Tarantino) con la mitica battuta «Sono il signor Wolf. Risolvo problemi». Ecco, il sociologo ma anche il manager o il quadro aziendale dalle mai finite connessioni che piace a me ha più o meno queste caratteristiche: risolve problemi, coglie opportunità, ergo, le moltiplica.
Buona navigazione.
[1] L’eccezione, non solo significativa ma destinata ad incideresempre più sul nostro futuro, è data dal pensiero “altro” che ci viene dalla Cina, come spiega mirabilmente Francois Jullien nei suoi libri, per ultimo “Le trasformazioni silenziose”, Raffaello Cortina, 2010
[2] Il riferimento è naturalmente a The Matrix di Andy e Larry Wachowski, con Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Anne Moss, Hugo Weaving, Monica Bellucci, 2003
[3] cfr. Sun Tzu, L’Arte della Guerra, Astrolabio Ubaldini